Pillole di Psicologia > Psicogenealogia e Costellazioni Familiari
Le Costellazioni Familiari
Un Metodo di Conoscenza
Ogni volta che mi sento porre la domanda <<cosa sono le Costellazioni Familiari?>>, incontro sempre la stessa difficoltà nel rispondere. Ed ogni volta non riesco nell’intento di rispondere a questa domanda, rimandendo con la sensazione di non essere stata nè esaudiente, nè di esserci andata vicino. Le Costellazioni Familiari sono un metodo ad approccio fenomenologico che consente di rappresentare in modo tridimensionale le complesse e, spesso, inconsapevoli dinamiche che legano gli appartenenti ad un sistema. Tale rappresentazione consente di mettere in luce le interdipendenze tra i vari componenti evidenziando le dinamiche (che in questi casi si chiamano irretimenti) che causano disagio, conflitto o sofferenza, aprendo delle prospettive verso cui orientarsi per ritrovare l’armonia e l’equilibrio.
Le Costellazioni Familiari, quindi, sono principalmemete un metodo di conoscenza della realtà basato sull’approccio fenomenologico così come è stato definito da Husserl, che svela “la vera essenza delle cose”, seguendo il principio primario della conoscenza:
“CIÒ CHE SI MANIFESTA, COSÌ COME SI MOSTRA E SI LASCIA OSSERVARE”.
Presupposto di base di tale metodo è la “riduzione Eidetica”, cioè l’osservazione priva di pregiudizi: ciò che si manifesta deve essere guardato senza giudizio, “con amore e rispetto anche se ci appare inusuale ed insensato” (Hellinger, 2010).
Si tratta di un processo di conoscenza in divenire, basato sul momento senza tempo e sulla percezione. <<Questo processo percettivo è orientato all’ordine di base. Viene, dunque, trovato e non inventato. La soluzione sta nell’individuare e pronunciare le frasi della forza>> (Madelung 1998 in : weber1998).
Queste sono quelle che Hellinger chiama le “parole che guariscono”. Per questi motivi le Costellazioni Familiari non presentano una sistematizzazione teorica di riferimento: lo scopo è quello di mantenere il campo di osservazione aperto, mantenere la disponibilità a cogliere fenomenologicamente quello che c’è. Ogni costrutto teorico, infatti, per sua natura riduce e semplifica il campo percettivo. Tale riduzione è generata dallo stesso funzionamento della mente umana che categorizza e semplifica secondo un criterio funzionale alle necessità pratiche della vita, ma che non rende ragione della complessità della realtà che è molto diversa e articolata di quella che appare ai soli occhi della mente. Lo stesso linguaggio, così strettamente collegato alla struttura dei concetti, etichetta le esperienze riducendo l’ampiezza della percezione.